È la sera del 31 maggio 1944, quattro giorni prima della liberazione di Roma. Sulle sponde del lago di Nemi, un furioso incendio divampa all’interno del Museo delle Navi Romane, fatto costruire da Mussolini per ospitare i due immensi scafi delle navi-palazzo dell’imperatore Caligola. Il museo resta in piedi, ma tutto il resto è ridotto a un cumulo di cenere. Quei magnifici reperti, unici nel loro genere e famosi in tutto il mondo, erano riemersi solo da pochi anni dalle acque del lago, che era stato addirittura svuotato per l’eccezionale impresa di recupero. La loro perdita è tragica, di valore incalcolabile per la scienza e la civiltà umana. Per indagare sulle cause del disastro viene istituita una commissione d’inchiesta, che emette presto il suo verdetto: il rogo delle navi è da imputare a un deliberato atto vandalico dei militari tedeschi che da qualche giorno avevano piazzato una batteria di cannoni vicino al museo. Ma le cose sono andate proprio così? Nel corso degli anni saranno in molti a contestare la versione ufficiale, convinti che i veri responsabili siano stati altri: chi incolpa gli sfollati che si erano rifugiati nel museo, chi accusa i partigiani che lo avrebbero incendiato in sfregio al dittatore fascista, chi punta il dito contro dei semplici ladruncoli che volevano coprire le tracce dei loro saccheggi. Chi ha ragione? Cos’è successo veramente in quelle drammatiche ore? È quanto si sono proposti di scoprire gli autori di questo lavoro, il primo dedicato all’argomento e frutto di oltre dieci anni di ricerche. La rilettura critica delle indagini svolte dagli inquirenti, la minuziosa ricostruzione degli avvenimenti che hanno preceduto e seguito l’incendio, nonché lo smantellamento sistematico di tutte le «verità» alternative avanzate nel tempo, sono soltanto le fasi preliminari di un coinvolgente processo investigativo che si snoda attraverso l’analisi di una vasta ed eterogenea documentazione inedita. In questa vera e propria controinchiesta, le risultanze della commissione subiscono una revisione radicale, mentre al loro posto si fa strada, e prende via via sempre più corpo e solidità, una nuova dinamica dei fatti tanto insospettata quanto da sempre sotto gli occhi di tutti.